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Cappelletti marchigiani in brodo: ricetta del Natale

Tra tradizione, ospitalità e sapori d’inverno nelle Marche

Nelle Marche, i cappelletti in brodo sono un simbolo di festa, famiglia e accoglienza. Ogni inverno, quando l’aria si fa più fredda e le cucine si riempiono di profumi avvolgenti, le famiglie marchigiane si riuniscono attorno al tavolo per “fare i cappelletti”, un rito che tramanda gesti antichi e unisce generazioni. Questa pasta ripiena, chiusa “a cappello” e cotta in un brodo di cappone limpido e profumato, rappresenta la cultura gastronomica più autentica della regione: semplice, curata e profondamente legata al territorio. Chi visita la regione durante il periodo natalizio può scoprirla in agriturismi, pastifici e osterie che ancora oggi mantengono viva la tradizione, trasformando un piatto di pasta in un’esperienza di calore e convivialità.  
Scoprire i cappelletti marchigiani significa entrare nel cuore dell’ospitalità marchigiana, dove ogni boccone racconta storie di famiglia, artigianato e passione per la buona cucina.

Origine e storia dei cappelletti marchigiani: tra leggende e identità locale

La storia dei cappelletti marchigiani si intreccia con quella dell’Italia centrale, tra Emilia-Romagna, Umbria e Marche, territori che condividono antiche ricette di paste ripiene. Tuttavia, la versione marchigiana si distingue per la forma più ampia e il ripieno più delicato, spesso preparato con carni bianche e profumi agrumati. Le prime testimonianze scritte risalgono all’Ottocento, ma la tradizione orale è molto più antica: si dice che in molte famiglie del maceratese e dell’anconetano l’usanza di confezionare cappelletti per Natale fosse già consolidata nel Settecento.

Il gesto collettivo della preparazione — “tirare la sfoglia”, “riempire i quadratini”, “chiuderli a cappello” — è parte integrante della ritualità natalizia marchigiana. Le donne di casa si riuniscono spesso già l’8 dicembre, giornata dell’Immacolata, per iniziare la produzione che culminerà nel pranzo del 25 dicembre. In questo periodo, la cucina diventa laboratorio di affetto e maestria artigiana.

Il ripieno tradizionale varia da zona a zona: nelle province interne come Fermo o Ascoli Piceno prevalgono carni miste di maiale e vitello, mentre lungo la costa si preferiscono versioni più leggere con pollo o cappone. La noce moscata e la scorza di limone donano equilibrio e profumo, mentre la cottura nel brodo di cappone conferisce rotondità e sapore pieno.  
Questa ricetta, tramandata di generazione in generazione, è diventata oggi un simbolo gastronomico regionale, tanto da essere citata nei repertori dell’Accademia Italiana della Cucina come esempio di piatto identitario delle Marche.

Mangiare cappelletti nelle Marche non è solo gustare un piatto, ma partecipare a una memoria collettiva, a un racconto familiare che ogni anno si rinnova e riafferma il senso di comunità.

La ricetta originale: come preparare i cappelletti in brodo di cappone

Preparare i cappelletti in brodo marchigiani richiede tempo, pazienza e ingredienti di qualità. Il segreto è nella cura artigianale di ogni fase, dal brodo al ripieno fino alla sfoglia sottile.

Per il brodo: si utilizza il cappone, gallo castrato allevato all’aperto, che garantisce un sapore intenso ma elegante. Si unisce a sedano, carota, cipolla e sale, facendo sobbollire per almeno tre ore a fuoco dolce. Il brodo va poi filtrato e lasciato riposare, così da poter eliminare il grasso in eccesso.

Per il ripieno: si rosolano carni miste di maiale, vitello e pollo, con erbe aromatiche, aglio e un filo di vino bianco. Dopo averle tritate finemente, si aggiungono Parmigiano Reggiano, noce moscata, scorza di limone grattugiata, un uovo e, in alcune varianti familiari, prosciutto crudo. Il composto deve risultare compatto ma morbido, profumato e saporito.

Per la sfoglia: si impastano 3 uova e 300 g di farina 00, eventualmente miscelata con semola rimacinata per una maggiore consistenza. Dopo un breve riposo, la sfoglia si tira sottile e si taglia in quadrati di 3–4 cm. Ogni quadrato viene riempito con una piccola porzione di farcia e chiuso a triangolo, unendo poi le estremità attorno al dito per formare il classico “cappelletto”.

I cappelletti si cuociono nel brodo bollente per circa 5–7 minuti, finché tornano a galla. Vanno serviti caldissimi, accompagnati da un mestolo di brodo limpido e, se gradito, una spolverata di Parmigiano.

Consiglio: il brodo di cappone è insostituibile — conferisce corpo e profumo al piatto. Le spezie vanno dosate con equilibrio: la noce moscata deve esserci, ma senza prevalere.

Dove gustare i cappelletti marchigiani e vivere l’esperienza

Assaggiare i cappelletti marchigiani in brodo nel loro contesto naturale è un’esperienza di viaggio e gusto. Durante le feste natalizie, numerose trattorie e agriturismi delle Marche — da Urbino ad Ascoli Piceno — propongono il piatto nelle loro “Carte delle feste”, preparato con brodi di cappone locali e ingredienti provenienti da allevamenti del territorio.

A Fano, ad esempio, il piatto è considerato “l’essenza del Natale”, mentre a Macerata molte famiglie mantengono viva la tradizione di cucinarli in casa, offrendo ai visitatori la possibilità di partecipare a lezioni di cucina tradizionale. Diverse strutture agrituristiche organizzano infatti corsi pratici di sfoglia e chiusura “a cappello”, un’esperienza immersiva consigliata.

Chi preferisce acquistare i cappelletti già pronti può rivolgersi ai pastifici artigiani locali, che preparano la versione fresca da cuocere a casa: un modo semplice per portare a tavola l’autenticità marchigiana anche in vacanza.

In abbinamento, un calice di Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC o di Pecorino DOCG esalta la delicatezza del brodo e il profumo delle carni.

La degustazione dei cappelletti marchigiani è molto più di un’esperienza culinaria: è un modo per entrare nel ritmo lento e accogliente della regione, dove la convivialità si serve in una scodella di brodo fumante e ogni piatto racconta un pezzo di storia locale.

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