Abbiamo già avuto modo, nell'articolo relativo al Carnevale in Toscana, di fare qualche cenno su questa festa a carattere internazionale, il cui denominatore comune è rappresentato dalla maschera. Essa svolge funzioni multiple: è il mezzo col quale sovvertire l'ordine costituito, si fa simbolo dei caratteri, così come metafora di vizi e virtù, e infine permette una buona riuscita dello scherzo carnevalesco. Risulta quindi facile indovinare i motivi che fanno sopravvivere una tradizione tanto antica come quella del carnevale. In Italia, tra le ragioni in cui esso è più sentito, vi sono certamente le Marche. Da Pesaro ad Ascoli Piceno carri allegorici e gruppi mascherati popolano città e piccoli paesi, i quali spesso si contraddistinguono per l'organizzazione di specifiche attività ed eventi. Un esempio è Fano, il cui carnevale, attestato sin dal 1347, è il più antico d'Italia dopo quello di Venezia. La sfilata dei carri, fatti di cartapesta e gommapiuma, è accompagnata dal Getto, il lancio dei dolciumi sulla folla, e la Musica Arabita, musicisti che riescono a suonare oggetti di vario, oltre ai normali strumenti. Ad Ascoli Piceno il carnevale inizia il 17 gennaio, giorno di Sant'Antonio Abate, e si caratterizza per l'organizzazione del concorso dei gruppi mascherati e la particolare denominazione delle domeniche che precedono il martedì grasso: la domenica degli amici, la domenica dei parenti e infine la domenica di carnevale. Altra peculiarità sono le cosiddette macchiette: singoli cittadini mascherati che di norma imitano personalità note locali e nazionali. Tra esse vi è la possibilità di incontrare lu sfrigne, maschera tipica ascolana indigente e inventiva: vestito di stracci, l'uomo vende aringhe marce che pendono dal suo ombrello e, ovviamente, ride! Il carnevale di Ascoli si inserisce all'interno di un programma più ampio, vale a dire il Carnevale storico del Piceno, di cui fanno parte anche i festeggiamenti che si svolgono a Castignano, Pozza e Offida, che qui si caratterizzano per lu guazzarò (costume tipico locale), il bove finto (intelaiatura portata a spalla da uomini che, coi continui cambi direzionali in mezzo alla folla, ricorda quasi una corrida) e i vlurd, le fascine a cui verrà dato fuoco alla fine. Ma c'è di più. Fa parte di questo ricco evento anche l'allestimento di “Carnevale in Commedia – rassegna di Commedia dell'Arte” perché in effetti, la commedia dell'arte è madre di parecchie maschere italiane e, tra vino e balli, l'azione scenica si fa strada proponendo un fecondo scambio di ruoli tra maschere e visitatori. Per ragioni di spazio ci fermiamo qui, è bene ricordare, prima di passare alle delizie del palato, che in tutta la regione si assistono ai festeggiamenti di carnevale, i quali spesso si concludono con falò che sono il preludio al ritorno dell'ordine.
La parola d'ordine è frittura. Non importa dove vi troviate o il nome con cui sentirete chiamare le varie tipicità culinarie, perché esse saranno inevitabilmente fritte! Personalmente vado pazza per gli arancini: sfoglia non troppo sottile, naturalmente impreziosita da scorza di arancia, arrotolata e fritta. Ma gli altri dolci non sono certo da meno. Troverete la cicerchiata, palline fritte mescolate a miele e mandorle (alcune ricette prevedono pinoli o noccioline), solitamente unite a formare una ciambella. Oppure le sfrappe, a forma di papillon o rettangolini, condite con zucchero a velo e o alchermes. E ancora, le castagnole, dove un impasto di uova, zucchero, farina e burro, a cui si è data la forma di palline, viene fritto e servito con zucchero a velo. I più golosi farciscono l'interno con crema pasticcera. Simili alle castagnole sono gli scroccafusi, i quali assumono nomi diversi a seconda della zona in cui siete: nei dintorni di Osimo sentirete parlare di cecetti, mentre più a sud, verso Arquata del Tronto, mangerete gli stummeri. Concludiamo gustosa carrellata con i ravioli di castagne, preparati con giorni di anticipo dalla stragrande maggioranza delle famiglie del Piceno. Impossibile non cedere alla tentazione!