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Fava ’ngreccia: il contorno marchigiano da non perdere

Origini e identità di un piatto contadino marchigiano

Tra le dolci colline di Macerata e il profumo del mare Adriatico nasce una delle preparazioni più sincere e rappresentative della cucina marchigiana: la Fava ’ngreccia. È un contorno rustico e genuino, espressione di una tradizione che unisce la semplicità del campo all’arte di rendere saporiti anche gli ingredienti più umili. Il nome, in dialetto, significa “raggrinzita” e descrive la consistenza che le fave assumono dopo la cottura, quando la buccia si increspa e trattiene il condimento.

Questo piatto, tipico delle zone rurali del Maceratese ma diffuso in tutta la regione, racconta l’economia domestica dei tempi passati: bastavano fave, alici sott’olio, capperi, aglio e un filo d’olio extravergine d’oliva per ottenere un contorno ricco di sapore e povero di sprechi. Oggi la Fava ’ngreccia è diventata un piccolo simbolo identitario, servita nelle osterie di campagna e negli agriturismi che custodiscono la memoria gastronomica marchigiana.

Tra i legumi protagonisti della tradizione, spicca la Fava di Fratte Rosa (Presidio Slow Food), coltivata nei terreni argillosi detti “lubachi” nella provincia di Pesaro e Urbino. Dolce e tenera, è una varietà autoctona che valorizza il territorio e conferisce al piatto un gusto più armonico. La Fava ’ngreccia è anche una testimonianza di convivialità: nelle cucine marchigiane rappresenta un momento di condivisione familiare, legato al ritmo delle stagioni e ai profumi della terra.

Come si prepara la Fava ’ngreccia: ricetta tradizionale e varianti locali

La ricetta classica è tanto semplice quanto saporita. Servono pochi ingredienti genuini:

  • 500 g di fave fresche (sgranate) o fave secche ammollate;
  • 1–2 filetti di alici sott’olio;
  • un cucchiaio di capperi dissalati;
  • uno spicchio di aglio;
  • prezzemolo fresco;
  • olio extravergine d’oliva e un tocco di aceto bianco;
  • sale e pepe.

La preparazione prevede l’ammollo delle fave secche per 8–12 ore, una lessatura lenta in acqua salata e, infine, il condimento “a crudo” con il battuto di alici, capperi, aglio e prezzemolo, emulsionato con olio e aceto. Il risultato è un contorno dal sapore equilibrato, dove la dolcezza farinosa delle fave incontra la sapidità del mare.

Tra le varianti locali, alcune famiglie eliminano il pesce azzurro per una versione quasi vegetariana, arricchendo il condimento con peperoncino o finocchietto selvatico. In altre zone, invece, si aggiunge una leggera scorza di limone grattugiata per dare freschezza. Il segreto è la giusta proporzione tra ingredienti: il condimento deve abbracciare le fave, non coprirle.

La stagionalità è un punto chiave: in primavera, con le fave fresche di stagione, il piatto esprime profumi verdi e dolci; in inverno, con le fave secche, acquista un carattere più rustico e deciso. Anche la presentazione varia: c’è chi la serve tiepida come contorno, chi la propone fredda come antipasto su pane tostato o accanto a formaggi stagionati. In ogni versione, la Fava ’ngreccia rimane una celebrazione della cucina di recupero marchigiana, capace di trasformare ingredienti semplici in emozioni autentiche.

Quando e dove gustarla nelle Marche: stagioni, sagre e riti popolari

La Fava ’ngreccia è un piatto che si trova tutto l’anno, ma rivela il meglio di sé tra maggio e giugno, quando le fave fresche raggiungono la piena maturazione. In questo periodo molti ristoranti e agriturismi del Maceratese e dell’Anconetano la inseriscono nei menù primaverili insieme a erbe di campo, formaggi locali e vini bianchi del territorio.

Nell’entroterra marchigiano, la ricetta è legata anche a momenti di festa e ritualità popolare. Un esempio suggestivo è quello delle Fòchere di Loreto, i tradizionali falò della notte tra il 9 e il 10 dicembre, che ricordano la traslazione della Santa Casa. Accanto a castagne e vino cotto, non è raro trovare anche piatti contadini come la Fava ’ngreccia, segno di una cultura del cibo che accompagna il fuoco, la memoria e la condivisione.

Nei mercati locali di primavera — da Macerata a San Benedetto del Tronto, fino a Fermo — la fava è protagonista di banchi e degustazioni. Alcune Pro Loco organizzano giornate dedicate alla cucina tradizionale, dove è possibile assaggiare questo piatto preparato secondo le antiche ricette. Non si tratta di eventi fissi, ma di momenti spontanei di valorizzazione del territorio, che invitano a scoprire la cucina marchigiana nella sua autenticità.

Visitare le Marche in questi mesi significa anche percorrere itinerari del gusto: dalle colline di Jesi, patria del Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC, fino alla costa del Conero, dove la Fava ’ngreccia accompagna il pesce alla griglia. Il piatto si trasforma così in un filo conduttore tra mare e collina, simbolo di una regione che sa unire sapori e paesaggi in un’unica esperienza sensoriale.

Abbinamenti e itinerari del gusto nelle colline marchigiane

Per apprezzare al meglio la Fava ’ngreccia, è fondamentale scegliere i giusti abbinamenti. Con le sue note sapide e vegetali, il piatto si sposa bene con formaggi stagionati come Pecorino dei Monti Sibillini, Parmigiano Reggiano o Grana Padano. Tra i vini, il connubio ideale è con il già citato Verdicchio dei Castelli di Jesi, bianco minerale e agrumato, perfetto per equilibrare la dolcezza delle fave e la sapidità delle alici. Per chi preferisce i rossi, un Rosso Piceno leggero e fruttato è la scelta più autentica.

In molti agriturismi del Maceratese o della Riviera del Conero, la Fava ’ngreccia è servita come antipasto o contorno di grigliate di carne e pesce, spesso accompagnata da pane casereccio e olio EVO locale. È anche un piatto ideale da gustare durante un viaggio on the road alla scoperta dei borghi murati e delle cantine marchigiane, dove la convivialità è parte integrante dell’esperienza.

Chi ama i prodotti identitari può programmare una visita a Fratte Rosa, dove si coltiva la celebre fava presidio Slow Food, e acquistare direttamente dai piccoli produttori. Da lì, il percorso può proseguire verso il Parco del Conero, fino a San Benedetto del Tronto, tra ristoranti di pesce e osterie di campagna. In ogni tappa, la Fava ’ngreccia diventa ambasciatrice di un modo di vivere genuino, che unisce storia agricola, gusto e ospitalità.

La sua semplicità racchiude un messaggio universale: la cucina contadina, con i suoi gesti lenti e i suoi sapori netti, è ancora oggi una delle chiavi per comprendere la vera anima delle Marche.

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