La Minestra di ceci alla marchigiana racconta le Marche meglio di mille parole: un comfort food ricco di storia, sapore e identità locale che invita il viaggiatore a sedersi a tavola tra borghi, colline e atmosfere genuine. Nei paesi dell’entroterra – dal Maceratese all’Anconetano – i ceci delineano zuppe robuste, spesso arricchite da piccoli «quadrucci» di pasta e aromi come aglio e rosmarino. In autunno e inverno, quando il clima invita al calore della cucina, eventi come la Leguminaria di Appignano offrono un’occasione perfetta per assaggiare una versione “di casa” di questo piatto. Che tu sia un viaggiatore in Italia o dall’estero, questa zuppa rappresenta un’esperienza autentica: semplice nella sua origine contadina, potente nel gusto, sostenibile nella filosofia degli ingredienti. Scopri, assaggia e fai parte di una tradizione culinaria che ha sapore di territorio.
La storia della “minastra di ceci alla marchigiana” affonda le radici nella civiltà agricola delle Marche: i legumi – tra cui i ceci – sono stati per secoli fondamentali per l’alimentazione contadina grazie alla loro resa in campo, alla lunga conservazione e all’elevato valore nutrizionale. Nelle campagne marchigiane, in particolare nel territorio di Appignano, noto anche come «paese dei legumi», si è coltivata l’antica varietà locale chiamata cece Quercia, dal seme tondo e dalla buccia più consistente. Ogni anno la comunità la valorizza attraverso sagre e mercatini nelle locande del centro storico.
Il procedimento tradizionale prevede un ammollo dei ceci la sera prima, una prima bollitura in acqua con aromi e un soffritto con olio extravergine d’oliva, sedano, carota, cipolla, aglio e rosmarino (o in alternative alloro/salvia). In alcune varianti contadine, si aggiungono lardo battuto o ritagli di maiale per dare corpo alla minestra; in versioni più semplici, restano olio, aglio e rosmarino a firmare il profilo gustativo. Occasionalmente viene utilizzata una passata di pomodoro “quanto basta” per aggiungere colore e rotondità, senza sovrastare il gusto del cece.
Un elemento distintivo è l’uso dei “quadrucci”: piccoli quadrettini di pasta fresca o secca, che vengono calati direttamente nella zuppa per trasformarla in un piatto unico caloroso. Altre varianti prevedono bietole o erbette aggiunte verso la fine della cottura, e all’uscita una spolverata di pecorino grattugiato nelle aree collinari.
La minestra diventa così rustica e avvolgente: i ceci vengono cotti lentamente e poi “risottati” negli aromi fino a raggiungere una consistenza cremosa, ottenuta anche frullandone una parte e rimettendola in pentola. La territorialità della ricetta è evidente: è strettamente legata all’agricoltura locale, alla cucina contadina delle Marche, alla stagionalità autunnale/invernale e alla filosofia del km-0. In questo senso, la minestra non è solo un piatto, ma un’esperienza di viaggio gastronomico, un’immersione nelle radici rurali marchigiane.
Quando visiterai le Marche, riserva un momento per sederti in un’osteria dell’entroterra e chiedere la minestra di ceci “alla marchigiana”. Chiedi se sono inclusi i quadrucci: è un dettaglio “di casa”. Chiedi della varietà “Quercia” se sei nella zona di Appignano: potrebbe essere l’occasione per acquistare qualche sacchetto di ceci locali da portare a casa. E se vuoi provarla tu in cucina, segui passo dopo passo la preparazione tradizionale mantenendo l’essenza semplice e genuina che rende il piatto tanto amato.
Concludendo, la minestra di ceci alla marchigiana è un atto di rispetto per la terra, per la tradizione, per chi coltiva, per chi cucina e per chi assaggia. È un piatto che sa di comunità, di convivialità, di colline dorate e di aromi che riportano al cuore delle Marche.
Per il food-traveller che desidera un’esperienza autentica durante un itinerario nelle Marche, la minestra di ceci alla marchigiana rappresenta un filo rosso che unisce tavole, feste di paese, aziende agricole e mercatini artigiani. Un appuntamento imperdibile è la manifestazione Leguminaria ad Appignano (MC), che nel 2025 si è svolta dal 17 al 19 ottobre, in attesa del calendario 2026.
Durante la manifestazione, il borgo si anima con locande storiche, degustazioni di piatti a base di ceci, fagioli e lenticchie serviti da figuranti in costume tradizionale, un mercatino delle tipicità e mostre-mercato di ceramica locale.
Oltre all’evento, suggeriamo itinerari gastronomici in tre aree:
Se ti fermi in un agriturismo o in un appartamento vacanze, porta subito in dispensa un sacchetto di ceci secchi locali, un buon extravergine e una pasta corta all’uovo: potrai replicare la minestra anche a casa. In alternativa, acquista ceci già cotti se il tempo è poco: sciacquali bene e riprendi dal soffritto. A casa, servi la minestra con pane casereccio tostato e un filo di olio EVO marchigiano; abbina un bianco profumato come il Verdicchio o un rosso giovane leggero della regione, e una spolverata di pecorino se ti piace.
Infine, non dimenticare di considerare l’acquisto di ceramiche artigianali di Appignano: una ciotola per servire la zuppa diventa un souvenir utile e bello, simbolo della tavola e della terra marchigiana. Con la minestra di ceci alla marchigiana non porti solo un piatto in valigia, ma un ricordo che profuma di stagioni, legumi, comunità.