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Vincisgrassi: una tradizione marchigiana dal 1779

Vincisgrassi: una tradizione marchigiana dal 1779

Antonio Nebbia e l'origine dei Vincisgrassi

Molti usano indifferentemente le parole "lasagne" e "vincisgrassi". Molti pensano siano la stessa cosa chiamata però in modi diversi. Molti - non solo stranieri, ma anche italiani - ne sono addirittura convinti. Oggi, col vostro consenso, mi erigo – ironicamente - a professoressa del gusto e vi svelo l'arcano. Le lasagne sono una tipicità emiliana, in particolare bolognese; i vincisgrassi sono, invece, di origine marchigiana. Seppur somiglianti nella forma, i due piatti differiscono sostanzialmente nell'anima. Infatti la preparazione dei vincisgrassi si perde nella notte dei tempi. Le prime notizie risalgono al Settecento, in una raccolta di ricette di un famoso cuoco marchigiano, Antonio Nebbia. Per esattezza la prima pubblicazione riporta l'anno 1779 e s'intitolava proprio "Il cuoco maceratese". Lì erano descritti gli antenati dei vincisgrassi, i princisgrass. Un piatto che col linguaggio moderno potremmo definire "lasagne bianche col tartufo". Per darvi la giusta idea di quel che dico, riporto fedelmente il trattato gastronomico legato a questo piatto da "principi". Era infatti un piatto per soli ricchi, abbondante e calorico; non me ne vogliate se nella fedeltà della trascrizione ho scelto di conservare intatto anche il dialetto: «Prendete una mezza libra de persciutto, facetelo a dadi piccoli, con quattr'once di tartufari fettati fini; da poi prendete una foglietta e mezza di latte, stemperatelo in una cazzarola con tre once di farina, mettelo in un fornello mettendoci del persciutto, e tartufari, maneggiando sempre fino a tanto che comincia a bollire, e deve bollire per mezz'ora; da poi vi metterete mezza libra di pana fresca, mescolando ogni cosa per farla unire insieme; da poi fate una perna di tagliolini con dentro due ovi e quattro rossi; stendetela non tanto fina e tagliatela ad uso di mostaccioli di Napoli, non tanto larghi; cuoceteli con la metà di brodo e la metà di acqua, aggiustati con sale; [...] cotte, cavatele ed incasciatele con formaggio parmiggiano e le andrete aggiustando nel piatto, con un solaro de salsa, butirro e formaggio e l'altro de pasta slargata, e messa in piano, e così andrete facendo per fino che avrete terminato di empire detto piatto; bisogna avvertire che al di sopra deve terminare la salsa con butirro e formaggio parmiggiano e terminato, mettetelo in forno per fargli fare il suo brulì». Tutto chiaro, no?!

I trucchi delle massaie

Al contrario del cuoco Nebbia, le massaie non amano scrivere per tramandare. Se bussate alle porte di ogni donna maceratese, non ci sarà mai una versione uguale su come si preparano i vincisgrassi. Perché le nostre mamme hanno imparato dalle nostre nonne e a loro volta esse hanno appreso l'arte della perna – è il termine che si usa per indicare la stesura della pasta fatta a mano in casa - dalle loro mamme e nonne. Un piatto che si tramanda dunque di generazione in generazione, come molti altri piatti di origine marchigiana. Di norma, vanno conditi con ragù e besciamella, anche se la ricetta originale prevedeva rigaglie di pollo, animelle, midollo e cervella. Tutto quello che avanzava in cucina veniva messo nel calderone del sugo di pomodoro. Nella civiltà contadina lo spreco era bandito. E nelle case delle nonne marchigiane lo è ancora. Volete provare anche a voi a fare i vincisgrassi alla marchigiana? Ecco la ricetta e buon pranzo.

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